lunedì 29 ottobre 2007

Il sacco di Roma (1527)

Papa Clemente VII (Giulio de Medici), facendo forza sulla guerra che divide Francesco I di Valois, re di Francia, e Carlo V d'Asburgo, imperatore del Sacro Romano Impero, si fa promotore di una lega anti-imperiale, la Santa Lega di Cognac.
La Lega, dal punto di vista papale, aveva lo scopo di difendere lo Stato Pontificio dalle mire di Carlo V che, una volta penetrato nell'Italia settentrionale, sarebbe sceso fino a Roma con l'intento di unificare la penisola.
L'imperatore tentò in un primo tempo di ristabilire pacificamente l'alleanza con il Papa, ma, al rifiuto di questi, decise di intervenire militarmente.
Non potendo procedere di persona, essendo impegnato su altri fronti, scatenò contro il Papa la famiglia dei Colonna, da sempre nemica dei Medici.
Il cardinale Pompeo Colonna sguinzagliò quindi i suoi soldati nella città pontificia e mise la corte papale sotto assedio: per liberarsi, Papa Clemente VIII dovette abiurare la Lega Santa e promettere l'alleanza a Carlo V.
Una volta libero, però, il Papa non mantenne fede al patto e chiamò in suo aiuto Francesco I di Francia.
L'imperatore decise quindi l'intervento armato contro lo Stato Pontificio, e inviò a Roma un contingente di lanzichenecchi, teoricamente comandate da un generale tedesco, che dovette però ritirarsi a guerra appena iniziata.
Il 6 maggio 1527 le truppe lanzichenecchie entrano in Roma, dopo la morte del loro generale: il Papa riesce a salvarsi solo grazie al sacrificio dell'intero corpo delle guardie svizzere, usufruendo di un passaggio segreto che lo porta a Castel Sant'Angelo.
Le truppe lanzichenecchie, rimaste senza comandante e senza paga, si diedero allora al saccheggio sistematico della città, lasciando poi spazio alla peste: a fine anno, a Roma rimaneva un abitante su cinque.
Per fare cessare il saccheggio, Papa Clemente VII acconsentì a versare un ingente somma all'imperatore e abbandonò Roma alla volta di Orvieto.
Tre anni più tardi, Clemente VII incoronava Carlo V imperatore, sigillando una rinnovata alleanza: quest'ultimo si impegnava a sua volta di restaurare il dominio dei Medici a Firenze abbattendo la repubblica.

martedì 9 ottobre 2007

La guerra dei 30 anni

L'impero tedesco non ha unità amministrativa, territoriale e politica, ma è un agglomerato di ducati, principati laici ed ecclesiastici, città libere.

Rodolfo II d'Asburgo trasferisce la capitale in Boemia, e cerca di convertire l'intero impero alla religione cattolica: per la scarsità di impegno politico, viene però presto destituito dal cugino, e mantiene solo formalmente la corona ed il potere sulla Boemia.
I sudditi boemi ne approfittano però per estorcergli nel 1609 la lettera di maestà, che garantisce libertà di culto ai luterani.
Alla morte di Rodolfo, il regno passa a Mattia, che lascia la lettera di maestà alla Boemia in cambio del riconoscimento come suo successore del contro-riformista Ferdinando d'Asburgo, uno dei capi della Lega cattolica.

Alla morte di Mattia la capitale viene riportata a Vienna, lasciando a Praga un comitato di reggenti, che forma un consiglio di governo di maggioranza cattolica e fa chiudere i templi protestanti.
Il 23 maggio 1618 una folla penetra nel castello di Praga e fa precipitare da un finestra tre reggenti (la defenestrazione di Praga): è il via per una vera e propria rivoluzione, i gesuiti vengono espulsi e la nobiltà protestante crea un governo provvisorio.
Durante l'estate, la dieta, pur essendo di maggioranza protestante, elegge a Francoforte Ferdinando come nuovo imperatore, ma contemporaneamente la Boemia lo dichiara decaduto e offre la corona ad un principe calvinista, Federico V duca del Palatinato che nel 1619 fa il suo ingresso trionfale a Praga.

Alleati degli Asburgo: Spagna, Baviera e lega dei principi cattolici.
Alleati della Boemia: Transilvania, Venezia, Olanda e Inghilterra, ma solo la Transilvania manda qualche truppa.

Nel 1620 il duca di Baviera invade la Boemia, sbaragliando i nemici in appena un'ora presso la Montagna bianca. Praga viene abbandonata la saccheggio delle truppe tedesche, mente il ramo spagnolo degli Asburgo assedia il Palatinato.
La corona di Boemia viene dichiarata possedimento ereditario degli Asburgo.
Nel 1622 viene espugnata Heidelberg, la capitale del Palatinato, e la guerra si sarebbe potuta dire conclusa, se Ferdinando II non avesse deciso di sequestrare a Federico V ("re di un inverno") tutte le terre e di togliere al Palatinato il titolo di elettore a favore della Baviera.

Nel 1624 il re di Danimarca, il protestante Cristiano IV, si prepara a intervenire contro gli Asburgo alleandosi con i principi protestanti tedeschi. Nel frattempo, la Spagna riapre le ostilità con le Province Unite.
Le truppe danesi vengono più volte sconfitte e, dopo la battaglia di Lutter, la Danimarca è costretta a firmare la pace a Lubecca.
Forte di questo, Ferdinando II emana un editto che prevede la restituzione di tutti i beni cattolici sequestrati: gli stati europei non tardano a vedere il pericolo di una monarchia accentratrice tedesca.

Nel 1630 le truppe svedesi, guidate dal re Gustavo Adolfo, sbarcano sulle coste della Pomerania, e, ottenuta un'alleanza con la Sassonia, riportano una netta vittoria sull'esercito imperiale presso Lipsia.
Nel 1632 gli svedesi riportano una nuova vittoria a Lutzen, ma il re rimane ucciso in battaglia e diventa regina la piccola Cristina.
Nel 1635 le truppe svedesi sono infine sconfitte a Nordlingen e costrette a firmare la pace a Praga.

Nel 1635 il primo ministro francese Richelieu dichiara guerra ad entrambi i rami della dinastia asbrugica (spagnolo e tedesco) ed offre il proprio aiuto ai principi protestanti tedeschi ed alle Province Unite.
Nel 1643 i francesi ottengono una grossa vittoria contro gli spagnoli presso Rocroi, mentre le truppe svedesi e francesi penetrano in Baviera e Boemia.

Nel 1648 in Westfalia vengono firmati due diversi trattati di pace, il primo tra l'imperatore e la Francia, il secondo tra i principi tedeschi, l'imperatore e la Svezia.
La pace di Westfalia sancisce:
- l'assegnazione della Pomerania alla Svezia e la sua entrata nella dieta
- l'entrata della Danimarca nella dieta
- la conquista di alcune città renane e di buona parte dell'Alsazia da parte della Francia
- la perdita di autorità da parte dell'imperatore, sempre più assoggettato alle volontà dei singoli principi
- la restituzione del titolo di elettore al Palatinato, che però non viene tolto alla Baviera: il collegio imperiale passa così a otto membri.

La guerra tra Francia e Spagna non terminerà invece fino al 1659.

martedì 2 ottobre 2007

Fisica: definizioni generali

La fisica si occupa di tutto ciò che nei vari fenomeni può essere determinato quantitativamente.

Metodo sperimentale:
  1. osservazione del fenomeno
  2. scelta delle grandezze fisiche
  3. forumlazione di ipotesi
  4. esperimento controllato per la verifica delle ipotesi
  5. formulazionel della legge sperimentale
  6. formulazione di una teoria
Una teoria è un insieme di principi che permettono di interpretare dati e prevedere fenomeni.

Le grandezze fisiche devono essere trovate attraverso gli strumenti usati per misurarle; bisogna perciò dare una definizione operativa:
descrizione degli strumenti da usare e del procedimento da seguire per la misura della grandezza stessa.

Tempo (secondo, s): bisogna fare riferimento a fenomeni periodici.
Inizialmente l'86.000-esima parte di un giorno solare medio, poi il periodo durante il quale avvengono 9 miliardi di oscillazioni in un orologio al cesio.

Lunghezza (metro, m): decimilionesima parte della distanza tra il Polo Nord e l'equatore lungo il meridiano che passa per Parigi, poi la distanza percorsa dalla luce nel vuoto in un 300.000.000-esimo di secondo (visto che la velocità della luce è costante).

Massa (kilogrammo, kg): uguale alla massa del campione di platino-iridio conservato al Museo dei Pesi e delle Misure di Sévres.



Ordine di grandezza
: la potenza di 10 che meglio approssima il numero da esprimere.

Misura diretta: confronto diretto di una grandezza con l'unità campione.
Misura indiretta: valore ricavato utilizzando una relazione analitica tra diverse grandezze.

Taratura: uno strumento è tarato quando c'è corrispondenza tra la sua risposta e il valore della grandezza da misurare.

Caratteristiche degli strumenti:
  1. Sensibilità: variazione minima della grandezza apprezzabile
  2. Portata o fondo scala: massimo valore della grandezza
  3. Precisione: differenza minima o nulla al ripetersi della misurazione
  4. Prontezza: rapidità di risposta alla variazione della grandezza

Errori di misura:
  1. Errore di sensibilità: dipende dalla sensibilità dello strumento adoperato. Si sceglie la metà dei valori di sensibilità (es: 0,5 cm) e si segna: L=(y +/- 0,5) cm
  2. Errore casuale: molteplicità di cause non individuabili
  3. Errori sistematici (sempre per difetto o per eccesso): dati da problemi nello strumento e facilmente individuabili. Un classico errore sistematico è l'errore di parallasse, che dipende dalla posizione assunta dall'osservatore nei confronti dello strumento.
Per una buona riuscita dell'esperimento, bisogna verificare le misurazioni più volte per poi trovare una misura che si avvicini meglio alla realtà, eliminando il più possibile i vari errori.
Il primo metodo è quello della media matematica tra le varie misurazioni effettuate, calcolando anche la semidispersione come errore massimo.
Semidispersione: 1/2(massima misura - minima misura)
A questo punto, la grandezza ottenuta sarà la media +/- la semidispersione.

lunedì 1 ottobre 2007

La rivoluzione industriale (appunti dettati)

L'importanza delle scoperte tecniche (metà XVIII sec., Inghilterra):
processo di sostituzione del lavoro manuale con le macchine, prima nell'industria del cotone poi in quella della lana. Infatti, per mezzo dell'invenzione della navicella volante di Kay, un tessitore aveva raddoppiato la quantità di lavoro giornaliera (cfr. libro pag. 243 - 244).

Rivoluzione od evoluzione?
Potrebbe sembrare, quindi, che queste invenzioni di nuove macchine avessero dato origine alla rivoluzione industriale, e di questo parere fu Karl Marx, che dedicò il XV capitolo de "Il Capitale" al "macchinismo e la grande industria". Egli individua anche nella manifattura la base della grande industria, in quanto le grandi invenzioni di Ankwright e di Watt non si sarebbero potute applicare se il periodo manifatturiero non avesse prodotto "un gran numero di abili operai meccanici".
Il termine "rivoluzione industriale" che adopera Marx era già stato adoperato da John Stuart Mill nel 1848 e nel 1844 da F. Engels nel "Le condizioni della classe operaia in Inghilterra", e poi fu fatto entrare nell'uso comune da Toynbee, che, nel 1884, pubblicò le "Lectures on the industrial Revolution in England". Anche per il Toynbee le origini della rivoluzione industriale e la sostituzione del sistema della fabbrica al sistema domestico, andavano ricercate in gran parte nelle invenzioni meccaniche della seconda metà del '700, ma egli metteva in rilievo anche altri fattori, come il notevole incremento della popolazione, o la trasformazione, mediante il processo delle recinzioni (enclosures), dei campi aperti medievali nelle moderne e grandi fattorie.
A questi vari aspetti rivolse la sua attenzione anche il Mantoux, con la tendenza però a valutare in modo diverso l'importanza del macchinismo, in quanto, secondo lui, l'invenzione della macchina non era stata fatta d'un tratto e fin dal secolo XVI si erano usate macchine molto ingegnose e talvolta anche molto potenti; d'altra parte, dalla manifattura si passò alla grande industria attraverso modifiche quasi insensibili, sicchè si dovrebbe sostituire la parola macchinismo con un'espressione più larga che dovrebbe indicare il perfezionamento tecnico sotto tutte le forme.
Anche per il Sombart nel passaggio dalla fase precedente dell'industria a domicilio alla succesiva dell'industria capitalistica non ci sarebbe quel distacco che si presuppone quando si adopera la parola rivoluzione. Questa se mai ci fu alla fine del Medioevo, dopo il XV secolo, quando vennero compiuti progressi decisivi nella tecnica dell'industria mineraria e metallurgica; quando il rapido incremento della domanda impose la fabbricazione di prodotti nuovi e perciò l'introduzione di nuovi strumenti di lavoro, come nell'industria tessile; quando, infine, i grandi mutamenti nelle condizioni del mercato cominciarono a impedire all'artigiano l'acquisto diretto delle materie prime e lo misero alle dipendenze del mercante all'ingrosso.

Il take-off o decollo
Una caratteristica essenziale di queste interpretazioni che insistono più sulla evoluzione che sulla rivoluzione è che tendono a mettere nell'ombra le sofferenze e i disagi che il passaggio dal precedente sistema di produzione al successivo generò nelle classi lavoratrici. Basta leggere "La rivoluzione industriale" dell'Ashton per vedere come tutto il lungo processo si sarebbe svolto senza contrasti con il pacifico accordo delle varie classi sociali (sic!).
Il fatto è che veramente questi storici dell'evoluzione non potevano capire tutta la somma di dolori che la rivoluzione industriale aveva portato con sè, e la prima cosa da fare per riacquistare il vivo senso del dramma era quaella di riaffermare l'importanza della frattura operata dalla rivoluzione industriale nel corso dello sviluppo economico tra '700 e '800.
Ciò è stato fatto da Rostow che ha parlato di "decollo in direzione di uno sviluppo che si ottiene da sè" (take-off into self-sustained growth): il decollo è definito come il periodo in cui "in un decennio o due, sia la struttura fondamentale dell'economia, sia la struttura sociale e politica della società vengono trasformate in modo tale che dopo è possibile alimentare regolarmente un ritmo continuo di sviluppo"; oppure il take-off può essere definito in due modi: il primo riguarda il periodo, nella vita di un'economia, in cui, nel tempo stesso, uno o più settori industriali moderni incominca a determinare non soltanto nuove funzioni produttive ma anche effetti che si diffondono su vasta scala; il secondo afferma che, perchè si possa avere il take-off, occorre che un'economia dimostri la capacità di sfruttare gli sviluppi successivi così bene da far emergere nuovi settori-guida. E' questa dimostrazione della capacità di spostare un gruppo di settori-guida ad un altro, che distingue la mancata onda industriale di transizione dal vero take-off.
Tale esigenza funzionale ha fatto stabilire che il take-off comprende uno spazio di circa 20 anni; un tale periodo è necessario per rivelare se una società è capace di vincere la crisi strutturale che l'iniziale vuoto di sviluppo di solito porta con sè, e che è pure capace di assimilare quel cangiante flusso tecnologico dal quale dipende un sostenuto sviluppo.
Dopo queste affermazioni del Rostow i sostenitori dello sviluppo gradualistico sono diventati muti. Tuttavia, il Rostow stesso è stato forse ben lontano dal negare uno sviluppo gradualistico dell'economia, se nel suo libro "The porcess of economic growth" (Oxford, 1953) afferma che, in ogni processo di industrializzazione, si possono distinguere varie fasi: una prima di pre-rivoluzione industriale caratterizzata dal capitalismo commerciale, una seconda di tak-off, una terza di sviluppo sostenuto; e, infine, una quarta di maturità. In effetti, il Rostow, partendo anche dalle più recenti esperienze dei paesei sottosviluppati nei quali è avvertita profondamente l'esigenza di cambiamenti rapidi e di fondo nella struttura agricola primitiva, ha ripreso il concetto di rivoluzione. Questa rivalutazione del concetto di rivoluzione ha di nuovo spinto gli studiosi a ricercare quali motivi ne sono stati alla base. Così, ecco il Rostow elencarne i vari fattori che, di solito, possono contribuire ad aprire un periodo di "decollo": la popolazione, l'agricoltura, la tecnica, la formazione di capitali ed il commercio estero. Di solito, abbiamo detto, perchè ciò che afferma il Rostow è largamente impregnato di sociologismo, i quanto egli tende ad applicare gli stessi crieteri di guidizio a tutti i fenomeni simili che si sono verificati dal '700 ad oggi (a scapito della specificità delle varie situazioni).

"Il Prometeo liberato" di Landes
Secondo l'antico mito, Prometeo è il Titano che rubò il fuoco agli dei per farne dono agli uomini insieme alle arti portatrici di civiltà. Il gesto di sfida gli costò la punizione divina: incatenato ad una rupe, un avvoltoio gli avrebbe divorato il fegato in eterno. Come l'impresa titanica di Prometeo alludeva ad un evento decisivo nella storia dell'uomo, allo stesso mondo Landes attribuisce alla rivluzione industraile il valore di una frattura essenziale, dopo la quale nulla sarà come prima. Prometeo è stato liberato: in altre parole, l'enorme potenza insita nella capiacità dell'uomo di manipolare la natura ha trovato infine completo dispiegamento. Landes si impegna in una ricostruzione complessiva dello sviluppo che vide l'europa abbandonare progressivamente l'economia agricola e artigianale a favore di quella indsutriale. La rivoluzione industriale inglese è l'inizio di un'era di continua e accelerata trasformazione, che modifica e talvolta capovolge i valori e il modo di agire degli uomini sotto tutti gli aspetti, economico, sociale, politico, culturale e ideologico. Il mondo non sarà più lo stesso: gli stati si troveranno presto divisi da un abisso, in termini di potere e di benessere, fra quelli sviluppati e quelli che restano legati ad un'economia agricola; i tradizionali rapporti sociali e politici saranno sconvolti dall'ascesa inarrestabile delle classe borghese. Landes, insomma, è fra quanti interpretano gli anni cruciali a cavallo tra '700 e '800 come un periodo di radicale discontinuità rispetto al passato.


I nomi in un altro colore, per chi non l'avesse capito, contengono link con l'ottima wikipedia, per chi avesse curiosità varie ed eventuali.