Nel 1814 Vienna accolse i rappresentanti diplomatici dei vari stati europei che erano stati coinvolti nella guerra contro la Francia.
Le questioni importanti furono in realtà discusse da quattro persone: il primo ministro austriaco Metternich, il ministro degli Esteri inglese Castelreagh, il primo ministro prussiano Hardenberg e lo zar russo Alessandro I.
Dopo aver raggiunto numerosi accorti sull’assetto politico europeo, i quattro grandi si scontrarono sulle sorti di Polonia e Sassonia: Alessandro I chiedeva che il Granducato di Varsavia fosse elevato a Regno di Polonia e di assumerne la corona, mentre la Prussia chiedeva di assumere il controllo della Sassonia; Inghilterra e Austria si schierarono contro queste richieste, nettamente a favore di Russia e Prussia. Intuendo il conflitto che si stava aprendo, il ministro degli Esteri Talleyrand offrì all’Austria e all’Inghilterra l’alleanza della Francia, e fu ben presto ammesso al congresso come quinto “grande”. I due grandi nodi furono risolti per via diplomatica, con la spartizione dei regni contesi, e il Congresso poté decidere sulle due questioni più spinose: il contenimento della Francia e il principio di legittimità degli antichi monarchi.
Nuovo assetto politico:
Nascita del Regno dei Pesi Bassi
Annessione della Liguria al Regno di Savoia
Riconoscimento della neutralità della Confederazione Svizzera
Annessione della Renania alla Prussia
L’Impero Tedesco è trasformato in Confederazione germanica, ma il grado di unità nazionale resta molto basso
L’Italia è suddivisa in otto stati e l’Austria assume di fatto l’egemonia sull’intera penisola
Il Regno di Napoli, dopo aver provato a combattere contro l’Austria, torna nelle mani dei Borbone
Il Regno di Polonia resta formalmente indipendente, ma è soggetto alle pressioni politiche russe
Viene stipulata la Santa Alleanza, di carattere difensivo, tra Russia, Austria e Prussia
Viene stipulata la Quadruplice Alleanza tra Russia, Prussia, Inghilterra ed Austria per controllare la Francia.
Gli stati italiani:
Tornato dall’esilio in Sardegna al Regno di Piemonte, Vittorio Emanuele I applica alla lettera il principio di restaurazione, abolendo il Codice Napoleonico.
Ferdinando IV unifica il Regno di Napoli e quello di Sicilia, creando il Regno delle due Sicilie e assumendo il nome di Ferdinando I.
La confederazione tedesca:
Alla dieta tedesca non partecipavano in realtà solo gli stati tedeschi, ma anche diversi stati europei ed, in particolare, l’Austria di Metternich, che ne aveva anche la presidenza. Contro questa decisione si schierò la Società dei giovani che, nel 1817, proclamò una grande manifestazione a favore della cacciata degli austriaci dalla dieta tedesca: la rivolta venne soffocata nel sangue dall’esercito di Metternich. Il primo ministro austriaco ottenne inoltre il permesso di porre sotto stretto controllo le università e di limitare drasticamente la libertà di stampa e di associazione, rafforzando l’apparato poliziesco.
Risultati sul piano ideologico:
Le due grandi correnti di pensiero sono ovviamente il neoassultismo reazionario e il nazionalismo, a cui si affianca però il liberalismo, fondato sulla centralità dell’individuo nei confronti di qualsiasi autorità politica e religiosa. Lo stato liberale deve tutelare la libertà degli individui attraverso assemblee elettive e sulla base di una carta costituzionale. Allo stato autoritario si contrappone uno stato di diritto: nella pratica questo si traduce nella volontà di una monarchia costituzionale. A questa concezione si oppongo i radicali ed i democratici, che vedono più coerente una forma di governo repubblicana. Il primo testo di teorizzazione vera e propria del liberalismo fu del prussiano von Humboldt, che sosteneva la necessità della distinzione tra sfera pubblica e sfera privata: i fini dello stato divenivano cioè solamente negativi (punire e reprimere), mentre gli elementi propositivi sarebbero dovuti essere unicamente appannaggio del privato. A questa corrente si rifaranno pochi decenni dopo lo storico Tocqueville e John Stuart Mill, che sosterranno che la libertà debba essere salvaguardata non solo dall’ingerenza dello stato, ma anche dal “dispotismo” della maggioranza e dalla sovranità popolare.
La situazione francese:
In Francia la Restaurazione si risolse con una vera e propria chiamata al trono da parte del senato napoleonico di Luigi XVIII che, bloccando il progetto del senato di costituire un’Assemblea Costituzionale, stabilì di concedere una Carta dei diritti che sottolineava come il Re e la Carta stessa fossero stati voluti dalla provvidenza per restaurare nel popolo francese l’antico rispetto per le istituzioni.
In questo modo, però, Luigi XVIII non riuscì ad accontentare né i liberali né i monarchici: nelle elezioni della primavera del 1815 furono gli ultras a riportare la vittoria più netta e costrinsero il re a sciogliere le camere. Pochi mesi dopo, con l’assassinio da parte di un repubblicano estremista del capo degli ultras, il Duce di Berry, e la salita al trono di Carlo X, la Francia aveva compiuto perfettamente la propria Restaurazione, e delle libertà civili conquistate dalla Rivoluzione Francese non rimaneva traccia.
RIVOLUZIONE!
Italia: In Lombardia la borghesia colta forma un’opposizione liberale clandestina al dominio austriaco. L’opposizione trova uno spazio d’espressione nel “Conciliatore”, rivista fondata nel 1818 da Porro Lambertenghi con il pretesto di una critica letteraria, ma con il vero intento di portare le idee liberiste a più vasto pubblico; la rivista venne però censurata pochi mesi dopo. Nel frattempo, in Piemonte e Lombardia veniva fondata la società segreta dell’Adelfia, che trovava i suoi adepti soprattutto negli ambienti militari. Di stampo più radicale e influenzato da posizione ugualitarie era la Setta dei Sublimi Maestri perfetti, con il fine ultimo di una società di stampo comunista. In Lombardia Confalonieri fondava intanto la Federazione Italiana, di stampo più moderato, mentre nel sud Italia fioriva la Carboneria.
1821: Il primo risultato della Carboneria fu quello di portare i militari napoletani all’insurrezione, che costrinse Ferdinando I a concedere una Costituzione. Sull’onda di quella ribellione, Palermo proclamò l’indipendenza dell’isola, ma la rivolta fu presto sedata.
A Torino Santarosa ottiene l’appoggio del principe Carlo Alberto e provoca una rivolta in tutto il Piemonte. Vittorio Emanuele I abdica a favore del fratello Carlo Felice, ma un governo provvisorio di liberali offre la reggenza a Carlo Alberto, che concede una costituzione. Carlo Felice, sconfessato Carlo Alberto, chiede aiuto all’Austria.
Spagna: Ferdinando VII di Borbone, tornato a Madrid, sopprime la costituzione precedentemente varata dai liberali, riammette i gesuiti in Spagna e ridà vita al tribunale dell’Inquisizione, costringendo inoltre afrancesados e liberali all’esilio. La ribellione arrivò dall’esercito, nel quale la Carboneria aveva fatto ampia propaganda: la rivolta iniziò con il rifiuto da parte di numerosi reggimenti di recarsi nelle colonia americane per sedare le ribellioni. A Cadice, dove i reggimenti erano riuniti, venne pronunciato un giuramento a favore della Costituzione, che costrinse il re ad emanare una nuova carta ottriata. L’esempio della Spagna fu seguito a breve dal Portogallo.
Russia: L’improvvisa morte di Alessandro I provoca una breve crisi dinastica: gli ufficiali di Mosca cercarono di imporre Costantino, che era più disponibile a riforme liberali. I cosiddetti “decabristi” – poiché la loro rivolta si era svolta in dicembre -, vennero repressi in occasione di una parata militare che cercarono di fomentare contro il neozar Nicola I.
Inghilterra: Due problemi principali: aumento del prezzo del grano a seguito del blocco delle importazioni e smobilitazione dei soldati. Il governo tory emana la pena di morte per gli episodi di danneggiamento alla proprietà, si stacca dalla Quadruplice Alleanza, revisiona il diritto penale. Nel 1819 una grande manifestazione operaia organizzata a Manchester viene repressa nel sangue dalla polizia. Le continue rivolte spinsero però il governo ad abrogare la legge contro le associazioni operaie e a legalizzare le attività sindacali. Dieci anni dopo, l’elezione del candidato cattolico O’Connel costrinsero il governo ad abolire il Test Act, che vietava a qualsiasi persona non protestante di venire eletta al parlamento. Il governo successivo promosse l’abolizione di 140 seggi elettorali, i cosiddetti borghi putridi: una parte dei seggi venne poi assegnata alle nascenti città industriali. Inoltre, le nuove legislazioni sui poveri videro costretti un’enorme quantità di contadini ad emigrare verso le città industriali se non avessero voluto essere rinchiusi nelle workhouses.
La reazione: Nel 1820 Metterncih convoca a Troppau una conferenza, cercando di far valere il principio di difesa della Quadruplice Alleanza. L’Inghilterra rifiuta però di partecipare, mentre Ferdinando I ripudia la costituzione e invoca aiuto. La Francia si incarica quindi di mandare un esercito di rinforzo in Spagna, che viene accolto come liberatore dalla plebe clericale. Tutti i moti vengono così repressi, e l’Europa torna nuovamente allo stato del 1815.
LA FRANCIA LIBERALE
Nel 1830 la monarchia di Carlo X diventò incompatibile con gli interessi della nascente borghesia intellettuale degli affari, di stampo liberale. La maggioranza della camera elettiva arrivò ben presto a rivendicare il potere di negare la fiducia al governo; Carlo X proclamò lo scioglimento delle camere, ma una nuova schiacciante vittoria liberale alle elezioni lo portò ad emanare alcuni decreti che suonavano come un vero e proprio colpo di stato: la camera venne sciolta e vennero indette nuove elezioni con un nuovo metodo elettorale, e la libertà di stampa venne sottoposta a pesanti restrizioni. Il popolo di Parigi insorse e costrinse Carlo X a lasciare la Francia: i borghesi accettarono la candidatura al trono di Luigi Filippo d’Orleans, che venne ben presto proclamato re “dei francesi”. La Carta costituzionale ottriata da Carlo X venne ampiamente modificata e proclamò la sovranità del popolo francese, restaurò il tricolore come bandiere nazionale, concesse la libertà di stampa e indicò il cattolicesimo come religione della maggioranza dei francesi e non come religione di stato. In questo modo, Luigi Filippo assunse giustamente il titolo di re borghese: i liberali poterono nuovamente assumere la guida del governo, ma l’assetto politico si rivelò ben presto nettamente a favore della borghesia finanziaria. In breve tempo, la classe operaia parigina e lionese scese nelle piazze: la sanguinosa repressione che ne seguì provocò migliaia di morti, a cui si aggiunsero i migliaia di francesi uccisi dal colera.
I moti francesi portarono una nuova ondata rivoluzionaria in tutta Europa: il Belgio si separò dall’Olanda, la Polonia, rivoltatasi contro lo zar, proclamò la sua indipendenza, seppur di breve durata, in Italia Ciro Menotti si mise a capo di una rivolta nelle città romagnole, che venne però soffocata nel sangue.
LA RIVOLUZIONE PARIGINA
Durante la crisi dell’Impero Ottomano e la conseguente guerra tra Egitto e Turchia, la Francia decise di schierarsi nettamente a favore del primo, mentre l’Inghilterra parteggiava per la Turchia: non potendo rischiare una guerra contro l’impero inglese, la Francia ritirò ben presto le sue truppe; il governo liberale fu costretto alle dimissioni. In breve tempo, il malcontento popolare si trasformò ben presto in una rivolta, repressa nel sangue. Il popolo di Parigi, però, insorse, ed in tre giorni il potere orleanista cadde. Il governo provvisorio, a maggioranza socialista, proclamò immediatamente una repubblica, indicendo il suffragio universale maschile, eliminando la pena di morte per i reati politici, abolendo la schiavitù nelle colonie e garantendo il diritto al lavoro. In particolare, Louis Blanc, noto esponente socialista, promosse l’istituzione l’Ateliers nationaux, fabbriche cooperative di proprietà dello stato.
LA RIVOLUZIONE TEDESCA
Anche nella Confederazione germanica e in Austria, la prima spinta da una motivazione nazionalistica, la seconda dalla crescente crisi economica, crebbero gli scontenti. Il 13 marzo 1848, a Vienna, una rivolta capeggiata dagli esponenti dell’alta borghesia mise fine al trentennale potere di Metternich e costrinse l’Imperatore a concedere una Costituzione. Nella Confederazione germanica ci si avvicinò all’unità dello stato, ma i contrasti tra le neonate Assemblea costituente e Assemblea nazionale tedesca fecero fallire anche questo progetto.
IL QUARANTOTTO IN ITALIA
In Italia, intanto, si profilavano varie correnti politiche. Gioberti proponeva l’unità d’Italia sotto la guida del papa; a lui si contrapponeva Balbo, che vedeva la casa Savoia come unica reggenza possibile. Di diverso avviso era Mazzini, che sosteneva che la lotta dovesse avere come obiettivo assoluto la libertà di tutto il popolo e di tutti i popoli: per il conseguimento di questo obiettivo egli fondò l’associazione Giovine Italia, i cui programmi erano – per la prima volta – pubblici. Il fallimento dei primi due tentavi insurrezionali ed il conseguente esilio a Londra, costrinsero però Mazzini a cambiare strategia: tornato dall’Inghilterra, egli fondò il primo sindacato italiano sotto il nome di Unione degli operai italiani. Il fallito tentativo rivoluzionario dei fratelli Bandiera convinsero Mazzini ad allontanarsi sempre più dall’ipotesi insurrezionale: liberali e moderati si unirono per ottenere una monarchia costituzionale.
L’elezione del 1846 di papa Pio IX aprì la strada alle riforme liberali: in breve tempo, si ribellarono Piemonte e Toscana, obbligando Carlo Alberto a concedere uno statuto, mentre Palermo insorgeva ed otteneva una Costituzione. Venezia, a seguito della cacciata di Metternich, insorse e proclamò la repubblica guidata da Tommaseo e Manin.
A Milano la popolazione insorse contro il dominio austriaco: nelle famose cinque giornate, le truppe del generale Radetzky vennero sconfitte e Casati, esponente dell’aristocrazia fondiaria, venne nominato a capo del nuovo governo provvisorio. Temendo il contrasto dei democratici Cattaneo e Cernuschi, anche il governo milanese si offrì al dominio della monarchia sabauda.
Nel frattempo, per contrastare l'ondata democratica e repubblicana, Carlo Alberto dichiarava ufficialmente guerra all'Austria: l'esercito piemontese - affiancato da alcune truppe inviate dal papa - fu sconfitto pochi giorni dopo a Custoza. Mentre Carlo Alberto fuggiva precipitosamente lasciando Milano nuovamente in mano agli austriaci, il generale Salasco firmava l'armistizio. L'evento segnò un momento di crisi per la fazione liberale, a cui si aggiunse il fallimento dei moti di Napoli, dove Ferdinando II aveva ripreso il potere con un vero e proprio colpo di stato.
In Toscana furono nuovamente i democratici ad ottenere il potere, instaurando il governo provvisorio, mentre nello Stato Pontificio, a seguito dell'assassinio del capo del governo Rossi, conservatore illuminato, un'Assemblea costituente proclamava nel 1849 la nascita della Repubblica romana guidata da Mazzini e Saffi, mentre il papa scappava a Gaeta.
IL RIFLUSSO
Francia: Nell'aprile 1848 le elezioni per la creazione di un'Assemblea nazionale costituente videro la netta vittoria dei moderati che, per ingraziarsi il popolino che li aveva eletti, procedettero immediatamente con l'annullamento degli Ateliers nationaux. Socialisti e radicali cercarono di protestare scendendo in piazza, ma la rivolta venne soppressa nel sangue. Pochi giorni dopo, la destra riusciva ad eleggere alla presidenza Luigi Bonaparte, che impresse un indirizzo autoritario e poliziesco alla seconda repubblica. Nel 1851, Napoleone avrebbe trasformato la sua presidenza in una dittatura, assumendo il titolo di Napoleone III.
Germania: Gli scontri tra i due progetti di unificazione nazionale delle assemblee di Francoforte (il primo fondato sulla supremazia austriaca, il secondo sull'egemonia prussiana), terminano con il rifiuto della corona da parte di Federico Guglielmo di Prussia e la restaurata pressione politica austriaca.
Italia: Sotto la pressione die democratici, riprende il conflitto austro-piemontese, ma dopo 80 ore l'esercito piemontese è costretto a firmare la resa. Contemporaneamente cadono la Repubblica Toscana e quella Veneziana, mentre Napoleone III vince le truppe di Garibaldi in Roma e permette a Pio IX di tornare al Vaticano.
lunedì 12 maggio 2008
giovedì 6 marzo 2008
La rivoluzione francese
Mooooolto riassunta....
LA FRANCIA PRIMA DELLA RIVOLUZIONE
La società francese era divisa in tre classi (nobiltà, clero, Terzo stato): diritti e doveri variavano a seconda dell'appartenenza.
Del Terzo stato fanno parte: contadini, artigiani, commercianti, bassa e alta borghesia.
La Francia era diviso in "paesi di stati", alcuni dei quali sostenevano un peso fiscale minore (Bretagna e Borgogna). Altre situazioni favorevoli erano previste per alcune città (Bordeaux, Tolosa) e l'università di Parigi.
L'ordine ecclesiastico era esente da imposte e sottratto alla giurisdizione civile, e poteva riscuotere le decime dai contadini. Inoltre, la proprietà ecclesiastica era inalienabile e il clero controllava l'intero sistema scolastico.
La nobiltà era esente da obblighi fiscali, poteva esercitare poteri di natura pubblica, percepiva piccole tasse locali e aveva funzioni di giudice di prima istanza. Aveva inoltre il privilegio esclusivo di caccia. La nobiltà si divideva in "nobiltà di spada" e "nobiltà di toga".
I contadini erano ancora sotto il regime feudale, costretti ad effettuare corvees. Anche i contadini divenuti proprietari terrieri erano costretti a pagare una tassa al signore del luogo per ogni passaggio di proprietà. La borghesia poteva acquistare liberamente, ma era soggetta ad una tassa per ogni cessione di proprietà; il signore poteva riscuotere un diritto chiamato "feudo franco".
GLI STATI GENERALI
1788: il re e il governo, a causa della difficile situazione finanziaria, decidono di rendere pubblico il bilancio.
La nobiltà proclama a gran voce l'antiassolutismo, fomentando sommosse. A Grenoble si arriva a ricostruire gli stati provinciali del Delfinato. La rivoluzione aristocratica è tesa però a ritornare alla situazione del 1614, anno in cui si erano tenuti per l'ultima volta gli Stati Generali, e non cercava alcun tipo di riforme.
In agosto Luigi XVI convoca gli Stati generali, ma il parlamento di Parigi e l'assemblea di aristocratici si rivelano contrari a cambiare l'assetto politico degli Stati Generali, che prevedeva lo stesso numero di rappresentanti per i tre stati. L'appoggio popolare alla nobiltà inizia quindi a diminuire, finché il re e il suo ministro delle Finanze, Necker, decidono di consentire che il Terzo stato abbia un numero di deputati un po' superiore a quello degli altri due messi insieme.
Gli elettori si limitavano a eleggere assemblee primarie, dalle quali uscivano i rappresentanti per gli Stati Generali. Compito delle assemblee primarie era anche quello di redigere i cahiers de doleance. Tra le richieste più popolari c'erano l'abolizione delle decime e del diritto esclusivo di caccia; venivano inoltre denunciati i privilegi signorili e le esenzioni fiscali.
Maggio 1789: gli Stati generali si riuniscono a Versailles. I deputati del Terzo stato, in gran parte uomini di legge, spingevano affinché gli Stati generali diventassero un organo riformatore e costituente. Erano appoggiati anche da alcuni uomini di spicco del Primo e del secondo stato, quali il vescovo Talleyrand e il marchese La Fayette. Dal canto loro, la nobiltà e il clero credevano che quella fosse l'occasione per ristabilire la loro forza politica e smantellare la monarchia assoluta. Luigi XVI voleva invece che gli Stati generali si riunissero semplicemente per votare un nuovo prestito allo stato francese.
Il Terzo stato respinse quindi il voto "per ordine", chiedendo che i vari stati si riunissero in assemblea per poter poi esprimere vere e proprie maggioranze e minoranze.
10 giugno 1789: i deputati del Terzo stato convocano la loro assemblea e invitano i rappresentanti degli altri stati ad unirsi a loro. Pochi giorni dopo, i deputati del Terzo stato e i pochi membri del clero che si sono uniti a loro assumono il nome di Assemblea nazionale. Questa presa di coscienza della forza posseduta dal Terzo stato, che appare improvvisa, era in realtà già stata preannunciata dagli uomini di lettere, ed in particolare dal Emmanuel Sieyes nel suo opuscolo "Che cos'è il Terzo stato?".
20 giugno 1789: Luigi XVI fa chiudere la sala delle riunioni del Terzo stato, ma i deputati si riuniscono ugualmente nella sala della pallacorda.
9 luglio 1789: l'assemblea nazionale diventa Assemblea nazionale costituente ed elegge un comitato con il compito di redigere un progetto di Costituzione.
Pochi giorni dopo, Luigi XVI licenzia Necker, che fino ad allora aveva mediato tra le parti, incorrendo nell'accusa di aver simulato il suo appoggio agli stati, e schiera le truppe davanti a Versailles.
ESTATE 1789
Il malcontento popolare era già diffuso a causa della carestia che nel 1788 aveva colpito la Francia: il popolo si aspettava però che l'Assemblea generale potesse risolvere questa situazione di crisi.
Con il licenziamento di Necker e lo schierarsi delle truppe davanti a corte, il furor di popolo divampò.
Tra il 12 e il 13 luglio le masse assaltarono i caselli posti lungo la cinta muraria di Parigi, in modo da eliminare il dazio che faceva aumentare a dismisura il prezzo delle merci. Le assemblee degli elettori decisero quindi di istituire una milizia borghese armata, con il compito di impedire puri atti di banditismo e di opporsi alla repressione di Versailles.
14 luglio 1789: un primo attacco viene sferrato contro l'Hotel des invalides, un edificio sorto come casa di riposo per veterani ma divenuto poi una caserma.
La folla armata raggiunge poi la Bastiglia, dove le trattative con il comandante per ottenere munizioni si trasformano in una vera e propria battaglia, che porta alla conquista della prigione da parte della milizia borghese.
Il re si presenta quindi di fronte all'Assemblea e le dà il pieno riconoscimento.
Il marchese La Fayette, già veterano di molte guerre, assume il comando della milizia borghese, denominata Guardia Popolare, e viene scelta la bandiera nazionale.
Il giorno successivo, Luigi XVI annuncia che Necker è tornato al governo e scende a Parigi, dove è accolto da una folla festante che lo decora con la coccarda tricolore.
I disordini si erano però estesi anche alle campagne, dove i contadini rifiutavano di pagare le decime e diedero all'assalto i castelli dei signori locali: l'Assemblea decise quindi di abolire gli antichi diritti feudali, a cominciare da quello di caccia. Si trattava, a conti fatti, della vera e propria distruzione dell'Ancien regime.
26 agosto 1789: l'Assemblea emana la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino, e distingue come uniche cause delle sciagure pubbliche e della corruzione dei governi "l'ignoranza, l'oblio o il disprezzo dei diritti dell'uomo". Si affermano poi la distinzione dei poteri, già teorizzata da Montesquieu, i diritti naturali dell'individuo, l'uguaglianza di fronte alla legge.
E' importante sottolineare come la Dichiarazione sia stata posta al di fuori della Costituzione: l'Assemblea non stava infatti concedendo quei diritti, ma ne riconosceva e dichiarava la loro esistenza.
5 ottobre 1789: una grande folla, composta in gran parte da donne, raggiunge Versailles per protestare contro il caro prezzi e ottiene il trasferimento del re, della corte e dell'Assemblea a Parigi.
E' in questo periodo che diviene fondamentale l'opinione pubblica, che si esprimeva attraverso club politica e intellettuali e organi di stampa politica.
MODERNIZZAZIONE DELLA FRANCIA
Tra il 1789 e il 1791 l'Assemblea cercò di dare un nuovo assetto costituzionale alla Francia. Mentre iniziavano a intravedersi le prime distinzioni politiche tra i deputati (aristocratici e patrioti), la Francia venne dichiarata un regno ereditario, e il re fu nominato re dei francesi e non più re di Francia. Inoltre, il monarca poteva opporre alle leggi già approvate dalla camera un rifiuto solo temporaneo, superabile attraverso due ulteriori votazioni. La Francia venne poi divisa in 83 dipartimenti dotati di organi elettivi.
Sistema elettorale: suffragio universale con l'esclusione dei minorenni, delle donne e dei "cittadini passivi". Questi erano infatti dotati dei diritti civili, ma non di quelli politici: di questa categoria facevano parte i domestici salariati (si pensava non potessero avere un'opinione diversa da quella dei loro padroni), i vagabondi, i mendicanti, e chi non poteva pagare un'imposta diretta pari a tre giornate di salario, quindi i lavoratori più poveri.
Il voto prevedeva due gradi: venivano inizialmente votate assemblee, che si occupavano poi a loro volta di eleggere i deputati. Le condizioni di censo per poter essere un elettore di secondo grado erano ovviamente più elevate, così come era ancor più elevato il censo per essere eleggibile a deputato (un marco d'argento). Il "decreto del marco" incontrò però l'aperta ostilità dei democratici, come Roberspierre e Marat, che lo ritenevano in netto contrasto con la Dichiarazione dei diritti. L'Assemblea deliberò quindi che qualsiasi elettore poteva divenire deputato, ma pose condizioni di censo più restrittive per divenire elettore di secondo grado.
Economia: L'Assemblea escluse l'ipotesi di bancarotta e sequestrò tutti i beni ecclesiastici, che furono disposti "a disposizione della Nazione". Vennero inoltre emessi titoli di credito pubblico, gli assegnati, che avrebbero dovuto tornare allo stato come pagamento dei beni ecclesiastici messi a disposizione dei privati, e non avrebbero dovuto avere corso legale. In breve tempo, però, l'assegnato si trasformò in vera e propria cartamoneta.
Religione: il clero avrebbe ricevuto uno stipendio statale, e parroci e vescovi sarebbero stati eletti direttamente dai cittadini. Dopo la condanna di papa Pio VI, l'Assemblea chiese al clero di prestare giuramento alla nazione, al re e alla Costituzione. Si creò così uno scisma tra preti "giurati" e preti "refrattari".
LA FINE DELLA MONARCHIA
Giugno 1791: il re parte segretamente, ma viene riconosciuto a Varennes e ricondotto a Parigi. L'Assemblea sospende Luigi XVI dalle sue funzioni, pur affermandone l'innocenza. Una gran folla, scesa in Campo di Marte per chiedere la repubblica, venne messa in fuga dalla Guardia Nazionale di La Fayette, e molti manifestanti rimasero uccisi.
Pochi mesi dopo, il re giurava fedeltà alla Costituzione.
L'Assemblea ingiunse ai principi renani di allontanare gli emigrati, che premevano per la deposizione dell'Assemblea e cercavano di tornare in patria, ma Francesco II d'Asburgo rifiutò.
1792: l'Assemblea, convinta dalla fervida oratoria dei girondini, obbliga il re a dichiarare guerra all'Austria.
Il cattivo inizio della guerra causa però a Parigi una serie di insurrezioni popolari. Operai e artigiani, riuniti sotto il nome di sanculotti, fanno irruzione nella sede dell'Assemblea, chiedendo e ottenendo la sospensione dei poteri del re, che viene imprigionato, e nuove elezioni per un'Assemblea costituente che prenderà il nome di Convenzione.
L'elezione si svolse in un clima di tensione, nonostante fosse stato abolito il limite di censo per i votanti; nel frattempo, un tribunale rivoluzionario procedeva all'arresto di centina di cittadini accusati di tradimento.
20 settembre 1792: la Convenzione proclama la repubblica, e l'esercito francese vince su quello austriaco.
LA REPUBBLICA GIACOBINA
Nella Convenzione si delinea la distanza tra girondini e giacobini (o montagnardi): una prima frattura si ha sul processo al re.
21 gennaio 1793: Luigi XVI viene condotto alla ghigliottina, con il parere contrario dei girondini.
Pochi giorni dopo, la Convenzione dichiarava guerra all'Inghilterra, anticipandone le mosse, e all'Olanda. Contro la Repubblica francese si forma una coalizione tra Austria, Prussia e Inghilterra. La Convenzione risponde chiamando alle armi l'intera nazione in nome della causa nazionale.
Nel frattempo, la Francia attraversa un periodo di crisi economica, dovuta all'inflazione della cartamoneta, la cui unica soluzione sembra essere il controllo statale di tutti i prezzi, contro cui si schierano i girondini. Basandosi sul malcontento popolare, il clero organizza una rivolta tra i contadini della Vandea, che rimarrà in stato di agitazione per tutti gli anni successivi.
2 giugno 1793: gli "arrabbiati", i nuovi capi dei sanculotti, insorgono, e costringono la Convenzione ad arrestare ventidue esponenti girondini.
Dopo la stesura della nuova costituzione, il potere viene ufficiosamente preso in mano dal Comitato di salute pubblica, nel quale viene eletto anche Roberspierre.
Il Comitato decreta l'abolizione dei diritti feudali e stabilisce il maximum dei prezzi, e instaura un regime di terrore. Crea inoltre une esercito di massa del tutto nuovo, che vince in Belgio.
DALLA CONVENZIONE AL DIRETTORIO
Con la fine dell'emergenza militare si riaprono le crisi interne: il maximum non basta a soddisfare le masse urbane, che si rivoltano contro Roberspierre, che il 9 termidoro viene destituito da un colpo di stato e ghigliottinato il giorno successivo.
Il gruppo che prende il potere, i termidoriani, libera i prigionieri politici, liberalizza il mercato, riapre le chiese.
I girondini tornano in Assemblea, e le sedi giacobine vengono devastate e chiuse; la massa popolare che insorge contro l'abolizione del maximum viene dispersa dalla Guardia nazionale, e il Controterrore diviene in realtà un nuovo Terrore, durante il quale i giacobini vengono giustiziati senza processo.
1795: attraverso un plebiscito viene approvata la cosiddetta Costituzione dell'anno III, che ristabilisce l'elezione a due gradi e instaura un sistema bicamerale. Il Consiglio dei Cinquecento elabora le leggi, mentre tocca al Consiglio degli Anziani approvarle o respingerle. Il potere esecutivo viene attribuito ad un organo composto da cinque membri chiamato Direttorio, che veniva eletto dagli Anziani su proposta dei Cinquecento.
Viene inoltre firmata la pace con la Prussia e con la Spagna.
Gli emigrati, lasciati tornare, si organizzano in movimenti di guerriglia, chiamati degli chouans, ma vengono dispersi da un giovane generale corso, Napoleone Bonaparte.
Nel frattempo sorgono nuove tendenze rivoluzionarie, tra le quali è utile sottolineare quella di Babeuf, che si prefigge l'uguaglianza politica ed economica di ogni cittadino, quasi a preconizzare il comunismo. Alla lotta aperta, inoltre, Babeuf sostituisce la cospirazione. I cospiratori, organizzati nella congiura degli eguali, vengono però arrestati dal Direttorio e condannati a morte prima che possano mettere in atto le loro teorie.
GUERRA!
1795: il Belgio viene annesso alla Francia, riprendono le operazioni militari contro l'Austria..
1796: una vittoria austriaca viene impedita dalle operazioni condotte in Italia da Napoleone, che diviene padrone dell'Italia settentrionale e attua un'offensiva dal basso contro l'Austria. A Campoformio viene quindi stipulata una pace che pone momentaneamente fine alle ostilità, e Venezia viene ceduta all'Austria. A Milano viene istituito un governo provvisorio, Bologna, Ferrara, Modena e Reggio vengono conquistate e formano la Confederazione cispadana. L'anno successivo questa confluirà assieme alla Lombardia nella Repubblica cisalpina, cui Napoleone darà d'autorità una Costituzione. Genova diventa una repubblica satellite della Francia.
1798: a seguito degli scontri avvenuti a Roma tra repubblicani e polizia, Napoleone occupa il Lazio e proclama la fine del potere temporale del papa. Ferdinando IV di Napoli cerca di intervenire a favore del papa, ma viene respinto dal generale Champonniet che entra a Napoli pochi giorni dopo e fonda la repubblica partenopea, nella quale spiccherà la figura di Vincenzo Cuoco.
CRISI DELLA REPUBBLICA DELL'ANNO III
1797: le elezioni danno la vittoria ai monarchici, ma Barras rovescia il risultato elettorale attraverso un colpo di stato; i capi monarchici vengono arrestati.
Talleyrand propone al direttorio di colpire l'Inghilterra attraverso l'Egitto: Napoleone, scelto per il comando dell'impresa, occupa Il Cairo, ma l'ammiraglio Nelson distrugge tutta la marina francese, e Napoleone si trova padrone e prigioniero dell'Egitto.
Nel frattempo la Russia, alleatasi con l'Inghilterra, penetrava in Italia e restaurava gli antichi governi. Anche la repubblica partenopea cadeva, e tutti i capi repubblicani venivano uccisi o imprigionati.
1799: i giacobini riportano una netta vittoria elettorale, ma la borghesia, guidata da Sieyes, compie un colpo di stato.
Il 18 brumaio del 1799 il Direttorio cessava di fatto di esistere. Napoleone si presentava quindi per chiedere che la Costituzione venisse abolita, ma veniva accolto come un traditore. Il fratello Luciano Bonaparte si assicurò quindi che le forze armate lo aiutassero e Murat diede l'ordine di sgomberare l'assemblea con la forza. La Repubblica dell'anno III finiva con una fuga dei deputati dai banchi delle aule.
LA FRANCIA PRIMA DELLA RIVOLUZIONE
La società francese era divisa in tre classi (nobiltà, clero, Terzo stato): diritti e doveri variavano a seconda dell'appartenenza.
Del Terzo stato fanno parte: contadini, artigiani, commercianti, bassa e alta borghesia.
La Francia era diviso in "paesi di stati", alcuni dei quali sostenevano un peso fiscale minore (Bretagna e Borgogna). Altre situazioni favorevoli erano previste per alcune città (Bordeaux, Tolosa) e l'università di Parigi.
L'ordine ecclesiastico era esente da imposte e sottratto alla giurisdizione civile, e poteva riscuotere le decime dai contadini. Inoltre, la proprietà ecclesiastica era inalienabile e il clero controllava l'intero sistema scolastico.
La nobiltà era esente da obblighi fiscali, poteva esercitare poteri di natura pubblica, percepiva piccole tasse locali e aveva funzioni di giudice di prima istanza. Aveva inoltre il privilegio esclusivo di caccia. La nobiltà si divideva in "nobiltà di spada" e "nobiltà di toga".
I contadini erano ancora sotto il regime feudale, costretti ad effettuare corvees. Anche i contadini divenuti proprietari terrieri erano costretti a pagare una tassa al signore del luogo per ogni passaggio di proprietà. La borghesia poteva acquistare liberamente, ma era soggetta ad una tassa per ogni cessione di proprietà; il signore poteva riscuotere un diritto chiamato "feudo franco".
GLI STATI GENERALI
1788: il re e il governo, a causa della difficile situazione finanziaria, decidono di rendere pubblico il bilancio.
La nobiltà proclama a gran voce l'antiassolutismo, fomentando sommosse. A Grenoble si arriva a ricostruire gli stati provinciali del Delfinato. La rivoluzione aristocratica è tesa però a ritornare alla situazione del 1614, anno in cui si erano tenuti per l'ultima volta gli Stati Generali, e non cercava alcun tipo di riforme.
In agosto Luigi XVI convoca gli Stati generali, ma il parlamento di Parigi e l'assemblea di aristocratici si rivelano contrari a cambiare l'assetto politico degli Stati Generali, che prevedeva lo stesso numero di rappresentanti per i tre stati. L'appoggio popolare alla nobiltà inizia quindi a diminuire, finché il re e il suo ministro delle Finanze, Necker, decidono di consentire che il Terzo stato abbia un numero di deputati un po' superiore a quello degli altri due messi insieme.
Gli elettori si limitavano a eleggere assemblee primarie, dalle quali uscivano i rappresentanti per gli Stati Generali. Compito delle assemblee primarie era anche quello di redigere i cahiers de doleance. Tra le richieste più popolari c'erano l'abolizione delle decime e del diritto esclusivo di caccia; venivano inoltre denunciati i privilegi signorili e le esenzioni fiscali.
Maggio 1789: gli Stati generali si riuniscono a Versailles. I deputati del Terzo stato, in gran parte uomini di legge, spingevano affinché gli Stati generali diventassero un organo riformatore e costituente. Erano appoggiati anche da alcuni uomini di spicco del Primo e del secondo stato, quali il vescovo Talleyrand e il marchese La Fayette. Dal canto loro, la nobiltà e il clero credevano che quella fosse l'occasione per ristabilire la loro forza politica e smantellare la monarchia assoluta. Luigi XVI voleva invece che gli Stati generali si riunissero semplicemente per votare un nuovo prestito allo stato francese.
Il Terzo stato respinse quindi il voto "per ordine", chiedendo che i vari stati si riunissero in assemblea per poter poi esprimere vere e proprie maggioranze e minoranze.
10 giugno 1789: i deputati del Terzo stato convocano la loro assemblea e invitano i rappresentanti degli altri stati ad unirsi a loro. Pochi giorni dopo, i deputati del Terzo stato e i pochi membri del clero che si sono uniti a loro assumono il nome di Assemblea nazionale. Questa presa di coscienza della forza posseduta dal Terzo stato, che appare improvvisa, era in realtà già stata preannunciata dagli uomini di lettere, ed in particolare dal Emmanuel Sieyes nel suo opuscolo "Che cos'è il Terzo stato?".
20 giugno 1789: Luigi XVI fa chiudere la sala delle riunioni del Terzo stato, ma i deputati si riuniscono ugualmente nella sala della pallacorda.
9 luglio 1789: l'assemblea nazionale diventa Assemblea nazionale costituente ed elegge un comitato con il compito di redigere un progetto di Costituzione.
Pochi giorni dopo, Luigi XVI licenzia Necker, che fino ad allora aveva mediato tra le parti, incorrendo nell'accusa di aver simulato il suo appoggio agli stati, e schiera le truppe davanti a Versailles.
ESTATE 1789
Il malcontento popolare era già diffuso a causa della carestia che nel 1788 aveva colpito la Francia: il popolo si aspettava però che l'Assemblea generale potesse risolvere questa situazione di crisi.
Con il licenziamento di Necker e lo schierarsi delle truppe davanti a corte, il furor di popolo divampò.
Tra il 12 e il 13 luglio le masse assaltarono i caselli posti lungo la cinta muraria di Parigi, in modo da eliminare il dazio che faceva aumentare a dismisura il prezzo delle merci. Le assemblee degli elettori decisero quindi di istituire una milizia borghese armata, con il compito di impedire puri atti di banditismo e di opporsi alla repressione di Versailles.
14 luglio 1789: un primo attacco viene sferrato contro l'Hotel des invalides, un edificio sorto come casa di riposo per veterani ma divenuto poi una caserma.
La folla armata raggiunge poi la Bastiglia, dove le trattative con il comandante per ottenere munizioni si trasformano in una vera e propria battaglia, che porta alla conquista della prigione da parte della milizia borghese.
Il re si presenta quindi di fronte all'Assemblea e le dà il pieno riconoscimento.
Il marchese La Fayette, già veterano di molte guerre, assume il comando della milizia borghese, denominata Guardia Popolare, e viene scelta la bandiera nazionale.
Il giorno successivo, Luigi XVI annuncia che Necker è tornato al governo e scende a Parigi, dove è accolto da una folla festante che lo decora con la coccarda tricolore.
I disordini si erano però estesi anche alle campagne, dove i contadini rifiutavano di pagare le decime e diedero all'assalto i castelli dei signori locali: l'Assemblea decise quindi di abolire gli antichi diritti feudali, a cominciare da quello di caccia. Si trattava, a conti fatti, della vera e propria distruzione dell'Ancien regime.
26 agosto 1789: l'Assemblea emana la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino, e distingue come uniche cause delle sciagure pubbliche e della corruzione dei governi "l'ignoranza, l'oblio o il disprezzo dei diritti dell'uomo". Si affermano poi la distinzione dei poteri, già teorizzata da Montesquieu, i diritti naturali dell'individuo, l'uguaglianza di fronte alla legge.
E' importante sottolineare come la Dichiarazione sia stata posta al di fuori della Costituzione: l'Assemblea non stava infatti concedendo quei diritti, ma ne riconosceva e dichiarava la loro esistenza.
5 ottobre 1789: una grande folla, composta in gran parte da donne, raggiunge Versailles per protestare contro il caro prezzi e ottiene il trasferimento del re, della corte e dell'Assemblea a Parigi.
E' in questo periodo che diviene fondamentale l'opinione pubblica, che si esprimeva attraverso club politica e intellettuali e organi di stampa politica.
MODERNIZZAZIONE DELLA FRANCIA
Tra il 1789 e il 1791 l'Assemblea cercò di dare un nuovo assetto costituzionale alla Francia. Mentre iniziavano a intravedersi le prime distinzioni politiche tra i deputati (aristocratici e patrioti), la Francia venne dichiarata un regno ereditario, e il re fu nominato re dei francesi e non più re di Francia. Inoltre, il monarca poteva opporre alle leggi già approvate dalla camera un rifiuto solo temporaneo, superabile attraverso due ulteriori votazioni. La Francia venne poi divisa in 83 dipartimenti dotati di organi elettivi.
Sistema elettorale: suffragio universale con l'esclusione dei minorenni, delle donne e dei "cittadini passivi". Questi erano infatti dotati dei diritti civili, ma non di quelli politici: di questa categoria facevano parte i domestici salariati (si pensava non potessero avere un'opinione diversa da quella dei loro padroni), i vagabondi, i mendicanti, e chi non poteva pagare un'imposta diretta pari a tre giornate di salario, quindi i lavoratori più poveri.
Il voto prevedeva due gradi: venivano inizialmente votate assemblee, che si occupavano poi a loro volta di eleggere i deputati. Le condizioni di censo per poter essere un elettore di secondo grado erano ovviamente più elevate, così come era ancor più elevato il censo per essere eleggibile a deputato (un marco d'argento). Il "decreto del marco" incontrò però l'aperta ostilità dei democratici, come Roberspierre e Marat, che lo ritenevano in netto contrasto con la Dichiarazione dei diritti. L'Assemblea deliberò quindi che qualsiasi elettore poteva divenire deputato, ma pose condizioni di censo più restrittive per divenire elettore di secondo grado.
Economia: L'Assemblea escluse l'ipotesi di bancarotta e sequestrò tutti i beni ecclesiastici, che furono disposti "a disposizione della Nazione". Vennero inoltre emessi titoli di credito pubblico, gli assegnati, che avrebbero dovuto tornare allo stato come pagamento dei beni ecclesiastici messi a disposizione dei privati, e non avrebbero dovuto avere corso legale. In breve tempo, però, l'assegnato si trasformò in vera e propria cartamoneta.
Religione: il clero avrebbe ricevuto uno stipendio statale, e parroci e vescovi sarebbero stati eletti direttamente dai cittadini. Dopo la condanna di papa Pio VI, l'Assemblea chiese al clero di prestare giuramento alla nazione, al re e alla Costituzione. Si creò così uno scisma tra preti "giurati" e preti "refrattari".
LA FINE DELLA MONARCHIA
Giugno 1791: il re parte segretamente, ma viene riconosciuto a Varennes e ricondotto a Parigi. L'Assemblea sospende Luigi XVI dalle sue funzioni, pur affermandone l'innocenza. Una gran folla, scesa in Campo di Marte per chiedere la repubblica, venne messa in fuga dalla Guardia Nazionale di La Fayette, e molti manifestanti rimasero uccisi.
Pochi mesi dopo, il re giurava fedeltà alla Costituzione.
L'Assemblea ingiunse ai principi renani di allontanare gli emigrati, che premevano per la deposizione dell'Assemblea e cercavano di tornare in patria, ma Francesco II d'Asburgo rifiutò.
1792: l'Assemblea, convinta dalla fervida oratoria dei girondini, obbliga il re a dichiarare guerra all'Austria.
Il cattivo inizio della guerra causa però a Parigi una serie di insurrezioni popolari. Operai e artigiani, riuniti sotto il nome di sanculotti, fanno irruzione nella sede dell'Assemblea, chiedendo e ottenendo la sospensione dei poteri del re, che viene imprigionato, e nuove elezioni per un'Assemblea costituente che prenderà il nome di Convenzione.
L'elezione si svolse in un clima di tensione, nonostante fosse stato abolito il limite di censo per i votanti; nel frattempo, un tribunale rivoluzionario procedeva all'arresto di centina di cittadini accusati di tradimento.
20 settembre 1792: la Convenzione proclama la repubblica, e l'esercito francese vince su quello austriaco.
LA REPUBBLICA GIACOBINA
Nella Convenzione si delinea la distanza tra girondini e giacobini (o montagnardi): una prima frattura si ha sul processo al re.
21 gennaio 1793: Luigi XVI viene condotto alla ghigliottina, con il parere contrario dei girondini.
Pochi giorni dopo, la Convenzione dichiarava guerra all'Inghilterra, anticipandone le mosse, e all'Olanda. Contro la Repubblica francese si forma una coalizione tra Austria, Prussia e Inghilterra. La Convenzione risponde chiamando alle armi l'intera nazione in nome della causa nazionale.
Nel frattempo, la Francia attraversa un periodo di crisi economica, dovuta all'inflazione della cartamoneta, la cui unica soluzione sembra essere il controllo statale di tutti i prezzi, contro cui si schierano i girondini. Basandosi sul malcontento popolare, il clero organizza una rivolta tra i contadini della Vandea, che rimarrà in stato di agitazione per tutti gli anni successivi.
2 giugno 1793: gli "arrabbiati", i nuovi capi dei sanculotti, insorgono, e costringono la Convenzione ad arrestare ventidue esponenti girondini.
Dopo la stesura della nuova costituzione, il potere viene ufficiosamente preso in mano dal Comitato di salute pubblica, nel quale viene eletto anche Roberspierre.
Il Comitato decreta l'abolizione dei diritti feudali e stabilisce il maximum dei prezzi, e instaura un regime di terrore. Crea inoltre une esercito di massa del tutto nuovo, che vince in Belgio.
DALLA CONVENZIONE AL DIRETTORIO
Con la fine dell'emergenza militare si riaprono le crisi interne: il maximum non basta a soddisfare le masse urbane, che si rivoltano contro Roberspierre, che il 9 termidoro viene destituito da un colpo di stato e ghigliottinato il giorno successivo.
Il gruppo che prende il potere, i termidoriani, libera i prigionieri politici, liberalizza il mercato, riapre le chiese.
I girondini tornano in Assemblea, e le sedi giacobine vengono devastate e chiuse; la massa popolare che insorge contro l'abolizione del maximum viene dispersa dalla Guardia nazionale, e il Controterrore diviene in realtà un nuovo Terrore, durante il quale i giacobini vengono giustiziati senza processo.
1795: attraverso un plebiscito viene approvata la cosiddetta Costituzione dell'anno III, che ristabilisce l'elezione a due gradi e instaura un sistema bicamerale. Il Consiglio dei Cinquecento elabora le leggi, mentre tocca al Consiglio degli Anziani approvarle o respingerle. Il potere esecutivo viene attribuito ad un organo composto da cinque membri chiamato Direttorio, che veniva eletto dagli Anziani su proposta dei Cinquecento.
Viene inoltre firmata la pace con la Prussia e con la Spagna.
Gli emigrati, lasciati tornare, si organizzano in movimenti di guerriglia, chiamati degli chouans, ma vengono dispersi da un giovane generale corso, Napoleone Bonaparte.
Nel frattempo sorgono nuove tendenze rivoluzionarie, tra le quali è utile sottolineare quella di Babeuf, che si prefigge l'uguaglianza politica ed economica di ogni cittadino, quasi a preconizzare il comunismo. Alla lotta aperta, inoltre, Babeuf sostituisce la cospirazione. I cospiratori, organizzati nella congiura degli eguali, vengono però arrestati dal Direttorio e condannati a morte prima che possano mettere in atto le loro teorie.
GUERRA!
1795: il Belgio viene annesso alla Francia, riprendono le operazioni militari contro l'Austria..
1796: una vittoria austriaca viene impedita dalle operazioni condotte in Italia da Napoleone, che diviene padrone dell'Italia settentrionale e attua un'offensiva dal basso contro l'Austria. A Campoformio viene quindi stipulata una pace che pone momentaneamente fine alle ostilità, e Venezia viene ceduta all'Austria. A Milano viene istituito un governo provvisorio, Bologna, Ferrara, Modena e Reggio vengono conquistate e formano la Confederazione cispadana. L'anno successivo questa confluirà assieme alla Lombardia nella Repubblica cisalpina, cui Napoleone darà d'autorità una Costituzione. Genova diventa una repubblica satellite della Francia.
1798: a seguito degli scontri avvenuti a Roma tra repubblicani e polizia, Napoleone occupa il Lazio e proclama la fine del potere temporale del papa. Ferdinando IV di Napoli cerca di intervenire a favore del papa, ma viene respinto dal generale Champonniet che entra a Napoli pochi giorni dopo e fonda la repubblica partenopea, nella quale spiccherà la figura di Vincenzo Cuoco.
CRISI DELLA REPUBBLICA DELL'ANNO III
1797: le elezioni danno la vittoria ai monarchici, ma Barras rovescia il risultato elettorale attraverso un colpo di stato; i capi monarchici vengono arrestati.
Talleyrand propone al direttorio di colpire l'Inghilterra attraverso l'Egitto: Napoleone, scelto per il comando dell'impresa, occupa Il Cairo, ma l'ammiraglio Nelson distrugge tutta la marina francese, e Napoleone si trova padrone e prigioniero dell'Egitto.
Nel frattempo la Russia, alleatasi con l'Inghilterra, penetrava in Italia e restaurava gli antichi governi. Anche la repubblica partenopea cadeva, e tutti i capi repubblicani venivano uccisi o imprigionati.
1799: i giacobini riportano una netta vittoria elettorale, ma la borghesia, guidata da Sieyes, compie un colpo di stato.
Il 18 brumaio del 1799 il Direttorio cessava di fatto di esistere. Napoleone si presentava quindi per chiedere che la Costituzione venisse abolita, ma veniva accolto come un traditore. Il fratello Luciano Bonaparte si assicurò quindi che le forze armate lo aiutassero e Murat diede l'ordine di sgomberare l'assemblea con la forza. La Repubblica dell'anno III finiva con una fuga dei deputati dai banchi delle aule.
giovedì 24 gennaio 2008
Galielo, Bacone, Cartesio
GALILEO
Segni particolari:
Difende l'autonomia della scienza da ogni ingerenza esterna.
Ha una grande stima per Aristotele, di cui si ritiene discepolo ben più di chi si dichiara aristotelico e ha la pretesa di studiare la natura sui libri, seguendo un dogmatismo antiscientifico.
Indipendenza scienza - teologia:
Dio parla in due libri: nel libro della scrittura e nel libro della natura. Tra questi due luoghi di rivelazione non ci può essere contrasto: se c'è, è a causa di un'interpretazione erronea.
Se il contrasto riguarda una verità di fede, l'interpretazione sbagliata è della natura. Se il problema è fisico, bisogna invece rivedere la Scrittura, perchè il linguaggio è antropomorfico, cioè adatto a far comprendere agli uomini semplici ciò che Dio vuole rivelare. Non può quindi essere interpretata alla lettera, poiché usa un linguaggio metaforico. Lo scopo della Bibbia non è scientifico, ma salvifico ("come si vadia al cielo, non come vadia il cielo").
Il metodo matematico-sperimentale:
Galileo usa il metodo matematico sperimentale: si ricerca la causa del fenomeno naturale, si formulano ipotesi al riguardo, si prova con esperimenti (ovvero riproduzioni artificiali di un fenomeno naturale eliminando le interferenze). Se l'esperimento conferma l'ipotesi, questa diventa teoria che, se formulata in modo matematico, è in grado di spiegare tutti i casi possibili del fenomeno naturale dato.
Quindi:
ricerca della causa di un fenomeno--> formulazione di ipotesi --> prova con esperimenti --> formulazione di una teoria in termini matematici --> applicazione della teoria a tutti i casi del fenomeno dato
BACONE
Segni particolari:
Vive in età elisabettiana, è entusiasta dell'epoca moderna, polemico contro la cultura di erudizione e speculazione, le scienze occulte, l'ipse dixit aristotelico.
Accusa la scolastica di immobilismo.
La ricerca scientifica è in continuo progresso, ma non è solitaria, bensì comunitaria, come già diceva Aristotele. La ricerca esige collaborazione e comunicazione; Bacone è quindi contrario al nazionalismo culturale: la cultura dev'essere cosmopolita, universale.
Finalità del sapere:
Il sapere deve avere una finalità pratica: il dominio sulla natura. La conoscenza deve partire dal desiderio di piegare la natura ai proprio fini, ma la natura si domina con l'ubbidienza, non forzandola, poiché l'ignoranza delle cause rende impossibile risalire all'effetto. Bisogna "estendere i confini dell'impero umano a ogni cosa possibile".
La storia è un progresso verso nuove conoscenze che porteranno la felicità all'uomo.
Più l'uomo conosce, più progredisce: il male è quindi assenza di conoscenza.
Il metodo induttivo:
Si distacca da Aristotele per quanto riguarda il metodo di conoscenza: secondo Bacone il metodo deduttivo non è scientifico. Il sillogismo non fa progredire e non ha valore euristico, perchè si dimostra solo ciò che già si sa nella premessa minore.
Il metodo da usare è quello induttivo, con il quale dal particolare si giunge all'universale. Aristotele applicava però questo metodo in modo sommario, limitandosi ala numerazione dei casi particolari, mentre va applicato secondo la legge della gradualità.
Per spiegare il giusto metodo, Bacone ricorre ad una metafora:
Le formiche ammassano per consumare, e sono come i filosofi empiristici, che prendono solo dal mondo dell'esperienza.
I ragni producono la tela a partire da loro stessi, senza necessità esterne, e sono come i razionalisti (o innatisti), secondo i quali la conoscenza è già dentro di noi.
Le api traggono invece la sostanza dall'esterno per poi elaborarla: applicano nel modo giusto il metodo induttivo, che parte dall'esperienza per elaborarla con l'intelletto.
Sia le qualità primarie che le qualità secondarie aristoteliche sono conoscibili, fino ad arrivare all'essenza, ma la realtà non è conoscibile attraverso la matematica: ancora aristotelico, Bacone pensa si possa arrivare all'essenza metafisica. Il processo conoscitivo deve partire dall'esperienza (segno di modernità), ma la realtà è ancora qualitativa e non quantitativa (segno di antichità).
Gli Idoli:
Per applicare perfettamente il metodo induttivo bisogna però liberarsi dai pregiudizi (idola): falsi concetti che ostacolano il nostro processo conoscitivo.
La libertà consiste nella liberazione da vincoli esterni.
Gli errori concettuali sono i limiti intrinseci della natura umana, e sono propri sia dei sensi che dell'intelletto.
Idoli della Tribù: l'intelletto schematizza, supponendo un ordine che non ha corrispondenza nella realtà. I sensi non bastano per capire le forze che muovono la natura.
Idoli della Caverna: derivano dall'educazione, e sono i pregiudizi personali, come se ogni uomo avesse al suo interno una caverna che rifrange e distorce il lume della natura.
Idoli del Mercato: derivano dall'inopportuna attribuzione dei nomi alla realtà. Dipendono quindi dal linguaggio.
Idoli del Teatro: sono propri delle dottrine filosofiche e scientifiche, che rappresentano mondi fittizi bloccando la vera ricerca.
Bacone vuole quindi indurre l'uomo ad un animo critico: solo liberandoci dagli idoli possiamo applicare validamente il metodo induttivo.
La verità è quindi figlia del tempo, non dell'autorità.
CARTESIO
Segni particolari:
E' considerato il fondatore del pensiero moderno.
Studia in gioventù dai gesuiti, ma non è soddisfatto della sua cultura. Contesta tutto ciò che ha studiato, affermando che niente gli dà certezza: è bene conoscere gli antichi, ma non bisogna perdere di vista la realtà; poesia ed eloquenza sono doti naturale, quindi è inutile studiarle; la matematica è utile, ma non si utilizza mai nel modo corretto; la filosofia serve a poco per dare certezze; le scienze occulte sono un insieme di superstizioni.
Il metodo:
Per arrivare all'essenza delle cose bisogna utilizzare l'induzione.
Il metodo matematico-sperimentale non va applicato solo alla natura, ma a tutta la conoscenza, poiché tutta la realtà si basa sulla matematica, e dev'essere esclusivo: tutto ciò che non è riconducibile alla matematica non è conoscenza ma irrazionalità, mistero, magia, superstizione.
C'è un solo livello della ragione, ed è quello della matematica.
La matematica è una scienza basata su assiomi indimostrabili da cui si deducono teoremi. Gli assiomi sono intuiti, i teoremi sono dedotti.
La ragione può quindi conoscere tutta la realtà in modo deduttivo, ovvero deducendo il reale da principi innati.
La natura, così come il corpo, non è più vista come un tutto, ma come un insieme di parti collegate secondo rapporti quantitativi. Questi rapporti sono fondati sulla necessità, quindi sono ricostruibili: dalla causa si può arrivare all'effetto e dall'effetto risalire alla causa.
Le regole del metodo sono quattro:
1) L'evidenza: bisogna evitare qualsiasi concetto che non sia evidente, cioè che non sia chiaro e distinto. Il concetto dev'essere limpido e non avere margini di confusione con altri concetti. Se un concetto è evidente, è certo.
2) L'analisi: le idee complesse vanno scomposte nelle loro componenti per arrivare a concetti semplici ed evidenti.
3) La sintesi: le idee semplici vanno collegate per ricostruire l'idea complessa. Dalle conoscenze più semplici si passa gradatamente alle più complesse.
4) L'enumerazione: bisogna controllare che il procedimento sia corretto, non abbia errori.
Il dubbio e il cogito ergo sum:
Il metodo funziona solo se lo si fa passare attraverso il filtro del dubbio, che dev'essere metodico. Inoltre, il dubbio è iperbolico: comprende e non può non comprendere tutto lo scibile umano. Non si può essere certi di nulla, e neanche il dubbio sfugge al dubbio.
I sensi ingannano: le impressioni sensibili, pur sembrando indubitabili, non lo sono, come si può verificare nei sogni.
Le verità matematiche sono dotate di maggior evidenza, ma anche loro sono sospette: appaiono sempre uguali, ma nessuno può avere la certezza di non ingannarsi sempre.
In noi è intrinseco infatti anche un "genio cattivo": l'intelletto è fallibile.
Il dubbio è quindi totale, iperbolico, di fondo: non posso essere certo di arrivare ad idee chiare e distinte.
Di una cosa, però, è impossibile dubitare: del pensiero che dubita, del cogito. Se dubito, penso. Se penso, sono. COGITO ERGO SUM. Il "genio cattivo" non mi può ingannare: se sono ingannato, sto pensando. E' un postulato di per sé evidente, quindi è oggetto di intuizione e non di deduzione.
Il pensare e l'essere sono strettamente collegati: è l'inizio del pensiero moderno, in cui il centro è il soggetto che conosce, non la realtà da conoscere.
Posso conoscere solo la rappresentazione che io mi faccio della realtà: conosco solo il mio contenuto di pensiero. Conosco, quindi, la mia soggettività pensante.
Sum res cogitans, sono una realtà pensante. La res cogitans è l'anima, l'uomo si identifica quindi con la sua anima pensante.
Le idee:
Il contenuto del mio pensiero è l'idea, ovvero la rappresentazione soggettiva della realtà, l'oggetto in quanto contenuto nel mio pensiero. Le idee sono però di tre tipi:
1) Innate
2) Avventizie (ab venio), ovvero venute dall'esterno (esperienza)
3) Fittizie o fattizie (fingo o facio), ovvero formate da me stesso (come l'ippogrifo o la chimera)
Dualismo cartesiano:
Accanto alla sostanza pensante, che costituisce l'io, si deve ammettere una sostanza corporea, la res extensa.
La res cogitans è inestesa, consapevole e libera.
La res extensa è spazialie, inconsapevole e meccanicamente determinata dall'alto.
Tra queste due sostanze c'è un rapporto scambievole: è la ghiandola pineale (l'epifisi), che unifica le sensazioni che vengono dalla res extensa e le trasmette alla res cogitans.
Segni particolari:
Difende l'autonomia della scienza da ogni ingerenza esterna.
Ha una grande stima per Aristotele, di cui si ritiene discepolo ben più di chi si dichiara aristotelico e ha la pretesa di studiare la natura sui libri, seguendo un dogmatismo antiscientifico.
Indipendenza scienza - teologia:
Dio parla in due libri: nel libro della scrittura e nel libro della natura. Tra questi due luoghi di rivelazione non ci può essere contrasto: se c'è, è a causa di un'interpretazione erronea.
Se il contrasto riguarda una verità di fede, l'interpretazione sbagliata è della natura. Se il problema è fisico, bisogna invece rivedere la Scrittura, perchè il linguaggio è antropomorfico, cioè adatto a far comprendere agli uomini semplici ciò che Dio vuole rivelare. Non può quindi essere interpretata alla lettera, poiché usa un linguaggio metaforico. Lo scopo della Bibbia non è scientifico, ma salvifico ("come si vadia al cielo, non come vadia il cielo").
Il metodo matematico-sperimentale:
Galileo usa il metodo matematico sperimentale: si ricerca la causa del fenomeno naturale, si formulano ipotesi al riguardo, si prova con esperimenti (ovvero riproduzioni artificiali di un fenomeno naturale eliminando le interferenze). Se l'esperimento conferma l'ipotesi, questa diventa teoria che, se formulata in modo matematico, è in grado di spiegare tutti i casi possibili del fenomeno naturale dato.
Quindi:
ricerca della causa di un fenomeno--> formulazione di ipotesi --> prova con esperimenti --> formulazione di una teoria in termini matematici --> applicazione della teoria a tutti i casi del fenomeno dato
BACONE
Segni particolari:
Vive in età elisabettiana, è entusiasta dell'epoca moderna, polemico contro la cultura di erudizione e speculazione, le scienze occulte, l'ipse dixit aristotelico.
Accusa la scolastica di immobilismo.
La ricerca scientifica è in continuo progresso, ma non è solitaria, bensì comunitaria, come già diceva Aristotele. La ricerca esige collaborazione e comunicazione; Bacone è quindi contrario al nazionalismo culturale: la cultura dev'essere cosmopolita, universale.
Finalità del sapere:
Il sapere deve avere una finalità pratica: il dominio sulla natura. La conoscenza deve partire dal desiderio di piegare la natura ai proprio fini, ma la natura si domina con l'ubbidienza, non forzandola, poiché l'ignoranza delle cause rende impossibile risalire all'effetto. Bisogna "estendere i confini dell'impero umano a ogni cosa possibile".
La storia è un progresso verso nuove conoscenze che porteranno la felicità all'uomo.
Più l'uomo conosce, più progredisce: il male è quindi assenza di conoscenza.
Il metodo induttivo:
Si distacca da Aristotele per quanto riguarda il metodo di conoscenza: secondo Bacone il metodo deduttivo non è scientifico. Il sillogismo non fa progredire e non ha valore euristico, perchè si dimostra solo ciò che già si sa nella premessa minore.
Il metodo da usare è quello induttivo, con il quale dal particolare si giunge all'universale. Aristotele applicava però questo metodo in modo sommario, limitandosi ala numerazione dei casi particolari, mentre va applicato secondo la legge della gradualità.
Per spiegare il giusto metodo, Bacone ricorre ad una metafora:
Le formiche ammassano per consumare, e sono come i filosofi empiristici, che prendono solo dal mondo dell'esperienza.
I ragni producono la tela a partire da loro stessi, senza necessità esterne, e sono come i razionalisti (o innatisti), secondo i quali la conoscenza è già dentro di noi.
Le api traggono invece la sostanza dall'esterno per poi elaborarla: applicano nel modo giusto il metodo induttivo, che parte dall'esperienza per elaborarla con l'intelletto.
Sia le qualità primarie che le qualità secondarie aristoteliche sono conoscibili, fino ad arrivare all'essenza, ma la realtà non è conoscibile attraverso la matematica: ancora aristotelico, Bacone pensa si possa arrivare all'essenza metafisica. Il processo conoscitivo deve partire dall'esperienza (segno di modernità), ma la realtà è ancora qualitativa e non quantitativa (segno di antichità).
Gli Idoli:
Per applicare perfettamente il metodo induttivo bisogna però liberarsi dai pregiudizi (idola): falsi concetti che ostacolano il nostro processo conoscitivo.
La libertà consiste nella liberazione da vincoli esterni.
Gli errori concettuali sono i limiti intrinseci della natura umana, e sono propri sia dei sensi che dell'intelletto.
Idoli della Tribù: l'intelletto schematizza, supponendo un ordine che non ha corrispondenza nella realtà. I sensi non bastano per capire le forze che muovono la natura.
Idoli della Caverna: derivano dall'educazione, e sono i pregiudizi personali, come se ogni uomo avesse al suo interno una caverna che rifrange e distorce il lume della natura.
Idoli del Mercato: derivano dall'inopportuna attribuzione dei nomi alla realtà. Dipendono quindi dal linguaggio.
Idoli del Teatro: sono propri delle dottrine filosofiche e scientifiche, che rappresentano mondi fittizi bloccando la vera ricerca.
Bacone vuole quindi indurre l'uomo ad un animo critico: solo liberandoci dagli idoli possiamo applicare validamente il metodo induttivo.
La verità è quindi figlia del tempo, non dell'autorità.
CARTESIO
Segni particolari:
E' considerato il fondatore del pensiero moderno.
Studia in gioventù dai gesuiti, ma non è soddisfatto della sua cultura. Contesta tutto ciò che ha studiato, affermando che niente gli dà certezza: è bene conoscere gli antichi, ma non bisogna perdere di vista la realtà; poesia ed eloquenza sono doti naturale, quindi è inutile studiarle; la matematica è utile, ma non si utilizza mai nel modo corretto; la filosofia serve a poco per dare certezze; le scienze occulte sono un insieme di superstizioni.
Il metodo:
Per arrivare all'essenza delle cose bisogna utilizzare l'induzione.
Il metodo matematico-sperimentale non va applicato solo alla natura, ma a tutta la conoscenza, poiché tutta la realtà si basa sulla matematica, e dev'essere esclusivo: tutto ciò che non è riconducibile alla matematica non è conoscenza ma irrazionalità, mistero, magia, superstizione.
C'è un solo livello della ragione, ed è quello della matematica.
La matematica è una scienza basata su assiomi indimostrabili da cui si deducono teoremi. Gli assiomi sono intuiti, i teoremi sono dedotti.
La ragione può quindi conoscere tutta la realtà in modo deduttivo, ovvero deducendo il reale da principi innati.
La natura, così come il corpo, non è più vista come un tutto, ma come un insieme di parti collegate secondo rapporti quantitativi. Questi rapporti sono fondati sulla necessità, quindi sono ricostruibili: dalla causa si può arrivare all'effetto e dall'effetto risalire alla causa.
Le regole del metodo sono quattro:
1) L'evidenza: bisogna evitare qualsiasi concetto che non sia evidente, cioè che non sia chiaro e distinto. Il concetto dev'essere limpido e non avere margini di confusione con altri concetti. Se un concetto è evidente, è certo.
2) L'analisi: le idee complesse vanno scomposte nelle loro componenti per arrivare a concetti semplici ed evidenti.
3) La sintesi: le idee semplici vanno collegate per ricostruire l'idea complessa. Dalle conoscenze più semplici si passa gradatamente alle più complesse.
4) L'enumerazione: bisogna controllare che il procedimento sia corretto, non abbia errori.
Il dubbio e il cogito ergo sum:
Il metodo funziona solo se lo si fa passare attraverso il filtro del dubbio, che dev'essere metodico. Inoltre, il dubbio è iperbolico: comprende e non può non comprendere tutto lo scibile umano. Non si può essere certi di nulla, e neanche il dubbio sfugge al dubbio.
I sensi ingannano: le impressioni sensibili, pur sembrando indubitabili, non lo sono, come si può verificare nei sogni.
Le verità matematiche sono dotate di maggior evidenza, ma anche loro sono sospette: appaiono sempre uguali, ma nessuno può avere la certezza di non ingannarsi sempre.
In noi è intrinseco infatti anche un "genio cattivo": l'intelletto è fallibile.
Il dubbio è quindi totale, iperbolico, di fondo: non posso essere certo di arrivare ad idee chiare e distinte.
Di una cosa, però, è impossibile dubitare: del pensiero che dubita, del cogito. Se dubito, penso. Se penso, sono. COGITO ERGO SUM. Il "genio cattivo" non mi può ingannare: se sono ingannato, sto pensando. E' un postulato di per sé evidente, quindi è oggetto di intuizione e non di deduzione.
Il pensare e l'essere sono strettamente collegati: è l'inizio del pensiero moderno, in cui il centro è il soggetto che conosce, non la realtà da conoscere.
Posso conoscere solo la rappresentazione che io mi faccio della realtà: conosco solo il mio contenuto di pensiero. Conosco, quindi, la mia soggettività pensante.
Sum res cogitans, sono una realtà pensante. La res cogitans è l'anima, l'uomo si identifica quindi con la sua anima pensante.
Le idee:
Il contenuto del mio pensiero è l'idea, ovvero la rappresentazione soggettiva della realtà, l'oggetto in quanto contenuto nel mio pensiero. Le idee sono però di tre tipi:
1) Innate
2) Avventizie (ab venio), ovvero venute dall'esterno (esperienza)
3) Fittizie o fattizie (fingo o facio), ovvero formate da me stesso (come l'ippogrifo o la chimera)
Dualismo cartesiano:
Accanto alla sostanza pensante, che costituisce l'io, si deve ammettere una sostanza corporea, la res extensa.
La res cogitans è inestesa, consapevole e libera.
La res extensa è spazialie, inconsapevole e meccanicamente determinata dall'alto.
Tra queste due sostanze c'è un rapporto scambievole: è la ghiandola pineale (l'epifisi), che unifica le sensazioni che vengono dalla res extensa e le trasmette alla res cogitans.
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